martedì 20 luglio 2021

Il lockdown triplo di chi non può vedere nè sentire

Buone Notizie/Corriere della Sera del 20/07/2021

Tutti abbiamo patito l'isolamento, la mancanza di contatti e di comunicazione nei momenti peggiori della pandemia. L'impatto però è stato incomparabilmente più violento per chi, quell'isolamento. in parte già lo viveva e con il Covid ha dovuto subirne una pesante dilatazione. Due milioni di persone con disabilità neurosensoriali - ciechi sordi e sordociechi hanno visto complicarsi in modo drastico la loro vita quotidiana. Il problema è stato messo in evidenza dall'inapp, l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, che ha condotto uno studio su un campione di 166 persone (109 con disabilità uditiva e visiva) aderenti a Lega del filo d'oro, Unione italiana ciechi, Fiadda Umbria Onlus, Istituto Statale Sordi. Affrontiamo la sordità insieme e Associazione portatori di impianto cocleare.

Contatti

Basti pensare a quali problemi possa aver creato l'obbligo della mascherina per chi comunica osservando il labiale, o il non poter avere contatti fisici per persone con disabllità visiva, per le quali la presenza di un accompagnatore a cui affidarsi è fondamentale. Secondo l'indagine lnapp la preoccupazione per il contagio e il ricovero in ospedale è stata avvertita dal 41,5 per cento di chi ha una disabilità visiva, mentre un po' meno ne ha risentito chi soffre di disabilità uditiva (il 37,5 per cento). Dopodiché alla preoccupazione vanno aggiunti i danni concreti effettivamente subiti, su un fronte non sanitario bensì relazionale. L'essere poi costretti alla didattica a distanza ha significativamente penalizzato gli studenti del campione, che in 4 casi su 10 hanno ritenuto quella modalità assolutamente Insufficiente per la loro disabilità, mentre una netta maggioranza ha lamentato come il duro abbattimento della socialità abbia peggiorato e in modo pesante i rapporti con i compagni dl scuola.

Crollo

«Ovviamente - commenta il presidente dell'Istituto dei Ciechi di Milano, Rodolfo Masto - non essere in presenza con i compagni rende questi ultimi meno sensibili ai problemi della disabilità. Al dl là della scuola, comunque, come fa un cieco a sapere se chi gli sta vicino sta rispettando le distanze di sicurezza? Mentre viceversa proprio la mancanza del rapporto fisico, va a colpire un pezzo fondamentale della sua possibilità di comunicazione. Tanto più che lo stesso servizio di volontariato civile è stato a lungo interrotto e ancora oggi fatica a riprende.».

Ed è proprio il ricorso all'aiuto dei servizi sociali che è crollato in modo quasi totale durante la pandemia, poiché l'87,5 per cento dei disabili neuro-sensoriali ha rinunciato ad avvalersene per paura del contagio, proprio mentre il 46,5 per cento del campione nutrirebbe invece una maggiore assistenza sociale. Con conseguenze che sono state subito significative, visto che, rispetto al pre-Covid, nei disabili sensoriali c'è stato un aumento del 38,5 per cento dei disturbi emotivi e del 49,2 per cento di quelli del sonno.

Comunicare

«La bomba del più grande isolamento però - fa notare Masto - è scoppiata per i sordociechi». Si calcola che oggi siano circa 189mila e che il 51,7 per cento di loro presenti anche una disabilità motoria, con la conseguenza che già prima della pandemia ben 108 mila fossero di fatto confinati a casa. È quindi del tutto evidente cosa possa essere stata la crisi Covid per chi utilizza quasi esclusivamente il tatto per conoscere e comunicare con l'ambiente circostante.

«La pandemia è stata però - sostiene il presidente dell'inapp Sebastiano Fadda - come il crash test che si fa per le banche. Per i disabili sensoriali ha messo in evidenza gravi lacune che vanno ben al di là dell'emergenza e che vanno colmate con interventi mirati. Non basta l'assistenza, serve un approccio integrato che deve basarsi su alcune direttrici».

La più importante, secondo Fadda, riguarda Io sviluppo di nume tecnologie quali la telemedicina, la teleriabilitazione, il teleconsulto e i sistemi elettronici di comunicazione, per incoraggiare anche nuovi percorsi organizzativi socio-assistenziali.

«Per questo - aggiunge il presidente dell'Istituto - andrebbe introdotta in tutte le organizzazioni la figura del Disability manager, vale a dire un professionista che svolga la funzione di supervisione in ogni ambito, dalla scuola alle imprese alle politiche sociali, fino al miglioramento dell'accessibilità e della mobilità, con l'obiettivo di sviluppare il rispetto dei diritti e la soddisfazione dei bisogni delle persone con disabilità».

di Enzo Riboni

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