HealthDesk del 27/07/2021
Il 77% delle cellule retiniche resta in funzione dopo aver simulato negli animali la degenerazione del nervo ottico causata dal glaucoma. I test comportamentali dimostrano che dopo 12 mesi dalla terapia la vista è buona. Lo studio su Cell.
Un nuovo studio su Cell apre la strada alla possibilità di una terapia genica per il glaucoma. La ricerca, sostenuta dal National Eye Institute (parte dei National Institutes of Health statunitensi), è ancora in fase pre-clinica ma gli esperimenti sugli animali sono promettenti: la terapia, testata su modelli di topi con glaucoma, protegge le cellule del nervo ottico e preserva la vista.
Il glaucoma consiste nella neuro-degenerazione irreversibile del nervo ottico, il fascio di assoni delle cellule gangliari della retina che trasmette segnali dall'occhio al cervello per produrre la visione. Il glaucoma è una malattia cronica e per tanto irreversibile, ma il danno alla vista può essere contenuto con interventi mirati. Le terapie attualmente disponibili puntano a rallentare la perdita della vista riducendo la pressione intraoculare eccessiva, un fattore di rischio presente nell’80 per cento dei casi.
Alcuni tipi di glaucoma però, definiti a a pressione intraoculare normale, progrediscono fino alla cecità nonostante la normale pressione all’interno dell’occhio. Ovviamente in questi casi la strategia terapeutica basata sulla riduzione della pressione non funziona. Così le terapie neuro-protettive rappresenterebbero una nuova opportunità di trattamento per quei pazienti che non possono beneficiare delle cure standard.
I ricercatori hanno individuato come target terapeutico la chinasi CaMK di tipo II, un enzima coinvolto nel funzionamento del sistema neuronale che regola i processi e le funzioni cellulari chiave in tutto il corpo, anche nelle cellule gangliari retiniche nell’occhio, le cellule da cui partono gli assoni che formano il nervo ottico. Finora però non era chiaro in che modo sfruttare le potenzialità di CaMKII per limitare i danni del glaucoma. L'inibizione dell’enzima, per esempio, in alcune condizioni può rivelarsi protettiva per le cellule gangliari della retina in altre dannosa. Gli scienziati hanno scoperto che la via di segnalazione del CaMKII veniva compromessa ogni volta che le cellule gangliari retiniche sono esposte a tossine o a traumi dovuti a una lesione del nervo ottico. E così hanno ipotizzato l’esistenza di una correlazione tra l'attività di CaMKII e la sopravvivenza delle cellule gangliari retiniche.
Proseguendo nelle indagini, hanno poi osservato che l'attivazione attraverso la terapia genica della CaMKII aveva un effetto protettivo sulle cellule gangliari della retina. A questo punto hanno testato la terapia genica sui topi sottoponendoli al trattamento poco prima dell’esposizione a sostanze tossiche che avviavano rapidamente il danno alle cellule e subito dopo lo schiacciamento del nervo ottico che provocava lo stesso danno, ma più lentamente. Gli scienziati hanno notato che alla maggiore attività della CaMKII corrispondeva una maggiore probabilità di conservazione delle cellule gangliari retiniche.
Tra i topi trattati con la terapia genica, il 77 per cento delle cellule gangliari retiniche era sopravvissuto 12 mesi dopo lo shock tossico rispetto all’8 per cento dei topi non trattati. Sei mesi dopo lo schiacciamento del nervo ottico, il 77 per cento delle cellule gangliari retiniche era rimasto intatto rispetto al 7 per cento del gruppo di controllo. Ma la vista era preservata?
I ricercatori hanno dimostrato con appositi strumenti che l’aumento dei tassi di sopravvivenza delle cellule gangliari della retina corrispondeva effettivamente a una maggiore probabilità di preservare la funzione visiva. Questo dato è stato confermato da tre test comportamentali. I topi trattati erano in grado di seguire gli stimoli visivi prodotti dallo schermo di un computer, sceglievano di posizionarsi in luoghi più sicuri dimostrando la capacità di distinguere gli oggetti anche in base alla forma e alla profondità e scappavano o si nascondevano quando dall’alto arrivava all’improvvisa una minaccia. I topi non trattati con la terapia genica non avevano le stesse reazioni.
«Se le rendiamo più resistenti e tolleranti agli eventi che causano la morte cellulare nel glaucoma, le cellule gangliari retiniche potrebbero essere in grado di sopravvivere più a lungo e mantenere la loro funzione», concludono i ricercatori.
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