giovedì 23 settembre 2021

Senza vedere, senza sentire: al Maxxi l'architettura si racconta

Avvenire del 23/09/2021

ROMA. Né fisico né digitale, né online né offline, ma contemporaneamente digitale e in presenza, digitale e multisensoriale, visivo, sonoro e tattile. Tutto questo nel moderno linguaggio forse eccessivamente e acriticamente anglicizzato si chiama phygital che è un neologismo che unisce le due parole inglesi physical e digital, insomma, contemporaneamente fisico e digitale. Una metodologia di comunicazione che, come spesso capita, è normalmente e fortemente usata dal marketing aziendale e istituzionale per migliorarne l'efficacia, ma che da qualche tempo sta trovando applicazioni nella comunicazione per non udenti e non vedenti, anche in campo culturale ed espositivo con la chiara intenzione di fare dei musei (per esempio) degli spazi effettivamente aperti a tutti. In questa logica il Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) ha fatto un passo ulteriore, aprendo, nei fatti, una nuova era della comunicazione, per così dire, integrata e, il più possibile, universale. Il progetto si chiama "Mixt-Musei per tutti" e viene presentato oggi nella sede romana del museo dal ministro per le Disabilità Erika Stefani e dalla presidente della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri. Per la prima volta in Italia, ma è probabile che si tratti di una novità internazionale, prevede che siano i non udenti e i non vedenti a raccontare «a tutti» i singolarissimi e multiformi spazi del museo progettati dall'archistar Zaha Hadid, così che anche i normodotati siano messi nella condizione di visitare gli spazi museali (da casa come al museo) nella maniera in cui li percepisce un non vedente o un non udente. Tutto questo è realizzato attraverso un'apposita piattaforma web e un'app dedicata.

Come ha spiegato ad Avvenire Sofia Bilotta, responsabile dell'area "public engagement" del museo che ha seguito la realizzazione del progetto, «chi visita il Maxxi di Roma trova al suo interno 11 aree multimediali attraverso le quali "percepire" i singoli spazi del museo nel modo in cui li "vede" un non vedente e li "sente" un non udente proprio perché le guide sono persone cieche e persone sorde. Allo stesso modo può fare un qualunque visitatore da casa che si colleghi al sito online del museo. Un progetto sperimentale, «particolarmente complesso, realizzato con la collaborazione dell'Ente nazionale sordi e l'Unione italiana ciechi. Ha coinvolto sei non udenti e sei non vedenti quali attori principali anche nella progettazione e nella scrittura dei testi. In due anni, con la collaborazione di un team multidisciplinare, hanno "conosciuto" palmo a palmo i complessi spazi di Zaha Hadid e li hanno raccontati in modo che tutti possano conoscerli così come loro li hanno conosciuti». In questo modo, ed è questa la vera novità per chi entra al Maxxi, «non soltanto nel museo si trova il solito percorso di visita alla collezione per non vedenti o per non udenti, ma - prosegue Sofia Bilotta - c'è anche la possibilità di seguire un percorso in cui gli stessi non vedenti e non udenti fungono da guide sia per chi ha le loro disabilità, sia per tutti quei normodotati che desiderano immergersi nel loro stesso mondo percettivo».

Una sorta di "Maxxi da ascoltare" e di "Maxxi da vedere" che, spiega ancora Bilotta, grazie alla piattaforma web e alla app «consentono un'esperienza Phygital che unisce il percorso online a quello onsit e nel museo attraverso 14 videoguide in lingua dei segni italiana e internazionale, 16 audio descrizioni e narrazioni in italiano e inglese, 17 didascalie in italiano, inglese e braille, 10 mappe e 6 modelli tattili», la cui lettura all'interno del museo può essere agevolata dall'uso di appositi tablet. Ed ecco allora, seguendo i personali racconti dei narratori, «le pareti da accarezzare», «i suoni e gli echi» che fanno ipotizzare le altezze degli ambienti, le inattese salite e discese dei percorsi, «le scale come ponti sospesi», le vetrate inclinate «su cui abbandonarsi».

Senza dubbio, come ci ha detto la stessa Giovanna Melandri, «si tratta di un contributo alla trasformazione della rappresentazione sociale della disabilità e nel medesimo tempo una nuova e sorprendente, per molti visitatori, esperienza sensoriale dell'architettura del museo, che ben fa comprendere come le disabilità possano essere e siano una ricchezza per tutti». Una trasformazione necessaria in un mondo che paradossalmente, con l'incedere violento della modernità rischia di diventare più escludente. In questa logica il Maxxi si è anche dotato di una sua "dattiloteca" costituita da libri tattili illustrati, materiali tiflo-didattici destinati sia alla lettura tattile e sensoriale di testi e immagini, sia all'educazione alle arti visive.

di Roberto I. Zanini

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