Avvenire del 04/09/2021
La testimonianza del gruppo lombardo "Sii i miei occhi": "Gareggiare per un'altra persona ti fa competere in modo diverso".
Due atleti scendono in pista, hanno davanti una competizione da portare a termine. Gareggiano insieme, uniti da un cordoncino che li lega mano a mano. Al via, le gambe si sincronizzano, le braccia si muovono contemporaneamente. Uno decide il ritmo della gara, l’altro tiene la direzione. È una delle immagini che le paralimpiadi ci regalano: si sta insieme per superare i limiti. L’Italia oggi ha raggiunto a Tokyo le 65 medaglie, superando il record delle 58 vinte a Seul nel 1988.
“Quando guidi una persona non vedente, sei i suoi occhi, il suo punto di riferimento”. Federica Putti, venticinquenne di Bergamo, è una guida Fispes (Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali): da tre anni affianca atleti ipovedenti e non vedenti in diverse discipline dell’atletica. Da più di dieci anni è lei stessa un’atleta, ma “correre con un’altra persona ti fa competere in modo diverso: sei concentrato su chi devi guidare, più che su te stesso”. E quando si arriva al traguardo “è un successo di coppia”. Per un anno Federica è scesa in pedana per accompagnare anche Oney Tapia, che alle paralimpiadi di Tokyo ha vinto due bronzi, nel lancio del peso e del disco.
Il suo impegno di guida è nato quando, da atleta, ha conosciuto in pista alcuni compagni ipovedenti. “Quando incontri il mondo degli atleti paralimpici, scopri tante cose che non ti immaginavi” spiega, “entri in una prospettiva diversa”. Le difficoltà non sono più “problemi inaffrontabili, ma occasioni per inventarsi soluzioni nuove”.
“Sii i miei occhi”: testimoniare la bellezza delle diversità
Federica è una dei componenti del gruppo “Sii i miei occhi”, nato su iniziativa di Norbert Casali, atleta di triathlon non vedente. Con altre cinque persone, Norbert organizza esperienze di sensibilizzazione su disabilità e diversità nel territorio lombardo. Il gruppo è tenuto insieme dall'amicizia nata in pista: “Testimoniamo in prima persona una realtà inclusiva: io disabile racconto agli altri cosa è la diversità e lo faccio con i miei amici”.
Prima della pandemia, molti degli incontri si tenevano nelle scuole elementari e medie. Lì, l’esperienza pratica accompagna momenti di riflessione e confronto. “I bambini sperimentano cosa significhi non vedere: li bendiamo e chiediamo loro di svolgere azioni quotidiane” spiega Federica. Bere un bicchiere d’acqua, disegnare: per chi partecipa, tutto è nuovo. “Vediamo le reazioni più disparate” racconta Norbert, “qualcuno è rigido, qualcuno va in ansia. Ma la maggior parte coglie bene il momento e ci segue nella riflessione”. Bendati, i partecipanti sperimentano anche lo sport e l’emozione di essere affidati e guidati da altri. “Parliamo di disabilità per arrivare al concetto di diversità e di unicità della persona”. Le loro iniziative si sono potute svolgere grazie ad una crowdfunding online, con il supporto di You Able Onlus. “Abbiamo tanti progetti in cantiere” ride Norbert. Tutto dipenderà dall’andamento della pandemia.
Se per Federica essere guida significa “avere una grande responsabilità e provare una grande soddisfazione”, per Norbert correre in coppia è “sentire che sto bene, sentirmi vivo, divertirmi”: si guadagna in due.
Chi volesse contattare il gruppo, può farlo tramite la loro pagina Instagram.
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