venerdì 14 febbraio 2020

Il piacere tattile del fare

Il Manifesto del 14.02.2020

Alla Mole Vanvitelliana, l'esposizione «Toccare la bellezza», che unisce le intuizioni e i metodi di Maria Montessori e Bruno Munari.

ANCONA. Fino all’8 marzo ad Ancona, presso gli spazi metafisici della Mole Vanvitelliana, gli stessi che ospitano il museo tattile statale Omero, si può fare esperienza di Toccare la Bellezza – Maria Montessori/Bruno Munari. Una mostra dove ciò che è esposto (i materiali didattici della dottoressa di Chiaravalle e le opere del designer milanese) si deve toccare, per capirne e vivere il messaggio/contenuto.

Le aste di lunghezza, gli incastri solidi, le torri di cubi rosa, le cifre smerigliate e gli alfabeti sagomati di Maria Montessori sono oggetti dalla profonda eloquenza, strumenti del metodo che insegna al bambino a imparare da sé. Queste armi pacifiche di apprendimento oltre a parlare a chi accetta di entrarvi in contatto, dialogano, nell’allestimento anconetano, col percorso di Munari fatto di libri illeggibili, messaggi tattili, costruzioni in spugna e sono legate a doppio filo con la realtà del museo Omero e la sua missione: trovare nuovo senso nella realtà facendola vedere con altri sensi, il tatto in primis.

DENTRO LE PAROLE c’è già tutto. Se in greco «io so» si dice col passato del verbo vedere «io ho visto» (oida), è il latino a mostrare una via di apprendimento alternativa agli occhi proprio con la parola che lo esprime: apprendere lega l’acquisizione di conoscenze all’afferrare, quel prehendere contiene anche la radice ariana che in inglese diviene hand. Insomma, si impara toccando. Montessori e Munari lo spiegano bene e il loro insegnamento è con chiarezza riassunto nei contributi dell’ottimo catalogo (Corraini edizioni).

L’essenziale è visibile al tatto, alle orecchie e ai neuroni, rinnovati negli esseri umani per tutta la vita anche se con velocità diverse: ne nascono di nuovi una media di 1500 al giorno fino ai 15 anni, misura che diminuisce fino ad attestarsi sui 700, ma non si arresta mai. «Lo sviluppo dell’attività della mano va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza. La prima manifestazione del movimento è quella di afferrare o prendere… non appena il bambino afferra qualche oggetto, la sua coscienza è richiamata sulla mano che è stata capace di farlo», sostiene Maria Montessori, la quale coniò (prima che le neuroscienze lo codificassero in altri termini) il concetto di carne mentale: «le esperienze implementano le connessioni sinaptiche, le impressioni entrano nella mente e la formano, il bambino crea la sua carne mentale usando le cose che sono nel suo ambiente».

L’AMBIENTE è quello che la pedagogista mise al centro dello sviluppo della personalità dei bambini, immaginando mobili adeguati alle aule e mettendo a punto la loro collocazione nello spazio (tavole rotonde da piccoli progettisti in circolo, in luogo dei banchi frontali orientati verso la cattedra); valutando come elementi dell’habitat scolastico anche il silenzio e il tempo. Alla stessa maniera Munari – uno che, spiega il figlio Alberto, si costruiva materialmente le soluzioni ai problemi – considerava oltre i cinque sensi canonici pure il peso e la componente termica. Attraverso la manipolazione, cui è dedicato il percorso tracciato ad Ancona, è possibile fare esperienza piena della bellezza, ovunque ciascuno ritenga di trovarla: nell’universo del binomio fantastico Montessori/Munari essa risiede dichiaratamente nell’azione, nell’interazione, nel piacere di fare.

SFIORANDO la pelle delle cose (è il nome di una delle sezioni in cui si articola la mostra) si distingue cosa è liscio cosa ruvido cosa zigrinato. Addentrandosi per i corridoi della Mole Vanvitelliana, perdendosi nel bosco tattile o nel labirinto di cartone allestiti nelle stanze interattive ispirate al metodo Montessori e alle invenzioni di Munari, si schiudono questioni filosofiche, cognitive, linguistiche.

Ad esempio: si sente il bisogno di restituire centralità al tatto, alla materia, alla capacità di fare nell’epoca in cui la parola chiave è digitale, ed è sulla punta delle dita che si accede all’immateriale (ma è con le competenze tecnologiche che si formano artigiani 4.0 e si progettano stampanti 3D).

Ad Ancona, sia al museo Omero che alla mostra in questione è proibito non allungare le mani sulle opere, e si ribalta il divieto genitoriale antico e sempre in voga «non toccare!», ma anche «non giocare col cibo», fino a «non correre», «non sudare». Toccare la bellezza è promossa oltre che da Mibact e museo Omero, anche da Tactus artecontemporanea e comune di Ancona, in collaborazione con Associazione Bruno Munari e Fondazione Chiaravalle Montessori, proprio nell’anno del centocinquantesimo anniversario della sua nascita.

di Silvia Veroli

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