Superando.it del 14.02.2020
«Assolutamente insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali della persona con invalidità»: lo si legge in un’Ordinanza prodotta dalla Corte d’Appello di Torino e recentemente pubblicata in Gazzetta Ufficiale, a proposito della misura della pensione di invalidità civile. Sulla costituzionalità di tale aspetto e anche su quella riguardante il mancato riconoscimento dell’incremento della maggiorazione sociale, per i percettori di pensione di invalidità con meno di 60 anni, dovrà pronunciarsi dunque la Corte Costituzionale.
Come si può leggere nella testata «PensioniOggi.it», dovrà essere la Corte Costituzionale a pronunciarsi sulla legittimità della misura della pensione di invalidità civile per le persone con invalidità totale, oltreché sulla mancata concessione del beneficio del cosiddetto “incremento al milione”, maggiorazione sociale introdotta dalla Legge 448/01 (articolo 38), che spetta ai pensionati ultrasettantenni titolari di prestazioni previdenziali e assistenziali il cui importo risulti inferiore al milione delle vecchie lire. In questo caso la pronuncia della Consulta dovrà valutare la legittimità del negare quella maggiorazione ai percettori di pensione di invalidità con età inferiore ai 60 anni.
A stabilirlo è stata la Corte d’Appello di Torino tramite l’Ordinanza n. 240 prodotta il 3 giugno dello scorso anno e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio scorso.
Come detto, i Giudici hanno ravvisato due elementi di incostituzionalità, sui quali hanno chiesto appunto la pronuncia della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda la misura della pensione di invalidità civile, essi l’hanno giudicata come assolutamente insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali della persona con invalidità. «L’importo – si legge infatti nell’Ordinanza – […] non è certamente sufficiente, per comune esperienza, a garantire all’invalido il soddisfacimento dei più elementari bisogni della vita, come alimentarsi, vestirsi e reperire un’abitazione». «Lo stesso assegno sociale – si legge ancora -, che può costituire un parametro di riferimento per i normodotati, è fissato in misura più favorevole rispetto alla pensione di inabilità civile».
L’assegno sociale, lo ricordiamo, è quella prestazione assistenziale che prescinde dal versamento dei contributi e che viene erogata in favore di persone in condizioni economiche disagiate.
Nello specifico, dunque, la questione sollevata dai Giudici torinesi riguarda innanzitutto l’articolo 12, comma 1 della Legge 118/71 (Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), nella parte in cui attribuisce al soggetto totalmente inabile, affetto da gravissima disabilità e privo di ogni residua capacità lavorativa, una pensione di inabilità di importo pari, nell’anno 2019, ad euro 285,66, «insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali, in relazione agli articoli 3, 38, comma 1, 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione [si veda anche il box in calce, N.d.R.]».
E anche il già citato articolo 38 (comma 4) della Legge 448/01, nella parte in cui subordina il diritto degli invalidi civili totali, «affetti da gravissima disabilità e privi di ogni residua capacità lavorativa, all’incremento previsto dal comma 1 al raggiungimento del requisito anagrafico del 60° anno di età, in relazione agli articoli 3 e 38, comma 1, della Costituzione». (S.B.)
Ringraziamo per la segnalazione Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa).
La Costituzione Italiana.
- Articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
- Articolo 38, comma 1: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
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