martedì 21 luglio 2020

Il mondo sembra andare verso la “scuola di tutti per tutti”

Superando.it del 21.07.2020

«Un’inclusione di qualità deve riguardare tutti e non solo gli alunni e le alunne con disabilità»: è uno dei punti più qualificanti dell’importante Rapporto Globale su “Che cosa significa un’educazione inclusiva, equa e di qualità”, prodotto dall’IDA (International Disability Alliance), ideale base di lavoro sulla quale gli Stati dovranno impegnarsi nei prossimi anni, per rendere realmente inclusivo il proprio sistema educativo. E il documento registra anche una tendenza che va consolidandosi, ovvero l’allontanamento da modelli di istruzione speciali, verso “una scuola di tutti per tutti”.

Dopo un lavoro protrattosi per ben due anni, l’IDA (International Disability Alliance) – che dal 2014 è rappresentante ufficiale della minority disabilità presso le Nazioni Unite, ciò che permette a tale organizzazione di interloquire direttamente con gli uffici competenti, per inserire i diritti delle persone con disabilità in ogni azione dell’ONU – ha pubblicato il proprio Rapporto Globale sull’educazione, intitolato What an inclusive, equitable, quality education means to us (“Che cosa significa per noi un’educazione inclusiva, equa e di qualità”), importante documento concepito ed elaborato tenendo due vere e proprie “stelle polari” di riferimento, quali il quarto Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 (Istruzione di qualità), nonché la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
«Con questo Rapporto Globale – si legge nella presentazione dello stesso – intendiamo informare tutte le parti interessate nel settore dell’istruzione sulle priorità concordate dal movimento per i diritti della disabilità, fornendo al tempo stesso agli attivisti impegnati sui diritti delle persone con disabilità e alle organizzazioni che le rappresentano una serie di messaggi e raccomandazioni essenziali, per unificare e rafforzare la difesa verso riforme efficaci e accelerate del settore dell’istruzione».

Rimandando i Lettori interessati alla consultazione del testo integrale del Rapporto (disponibile in inglese a questo link), preme qui sottolinearne alcuni punti di particolare interesse, il primo dei quali fa riferimento alla sostanziale coincidenza temporale tra la pubblicazione del documento e quella del Rapporto GEM (Global Education Monitoring) sull’educazione inclusiva prodotto dall’Unesco.
In quest’ultimo, infatti, si scrive tra l’altro che «pur essendo spesso il concetto di educazione inclusiva comunemente associato ai bisogni delle persone con disabilità, l’inclusione in realtà deve riguardare tutti, dal momento che gli stessi meccanismi che escludono gli studenti con disabilità lo fanno anche con altri gruppi emarginati a causa di genere, età, posizione sociale, povertà, etnia, lingua, religione, migrazione o status di sfollati».
È un elemento, questo, che accomuna il Rapporto dell’Unesco a quello dell’IDA, ove infatti uno dei messaggi chiave è dato dalla «necessità di considerare l’educazione inclusiva come base per una trasformazione educativa generale e non come componente aggiuntivo pensato solo per gli studenti e le studentesse con disabilità». Nulla di “speciale”, quindi, riservato a una singola e specifica categoria, quella delle persone con disabilità, ma politiche e azioni che garantendo effettivamente l’inclusione, lo facciano anche per le persone con disabilità.

Entrambi i Rapporti, inoltre, richiedono agli Stati una serie di iniziative definite come fondamentali, quali l’investimento nella formazione degli insegnanti, la raccolta di dati affidabili, l’applicazione del design universale negli edifici dedicati all’insegnamento e nella didattica, finanziamenti mirati per interventi precoci e anche un particolare impegno sul cosiddetto “contesto”, ovvero nei confronti della comunità, delle famiglie e della società civile.

C’è quindi un altro passaggio particolarmente significativo, sottolineato con forza ad esempio da Joseph Murray, uno dei componenti del gruppo di lavoro che ha portato al Rapporto dell’IDA, il quale ha dichiarato: «Siamo lieti di constatare che vi è un crescente consenso sull’allontanamento da modelli di istruzione speciali, per arrivare a scuole veramente inclusive».
A quanto pare, quindi, si tratta di una tendenza verso “la scuola di tutti per tutti”, che sembra consolidarsi sempre più a livello internazionale.

Nel commentare poi il lungo processo di due anni che ha portato al documento dell’IDA, Praveena Sukhraj-Ely, altra componente del gruppo di lavoro, ha affermato: «Eravamo consapevoli dell’urgenza di rendere pubblica una posizione che tenesse conto delle diverse prospettive e delle esigenze uniche di milioni di studenti e studentesse con disabilità, ma siamo felici di avere ora una base su cui costruire i prossimi passi». E che questo Rapporto sia un punto di partenza ideale per iniziative concrete che nei prossimi anni dovranno impegnare tutti gli Stati nel settore dell’istruzione, lo dimostrano altri due elementi, a partire dal fatto che la stessa IDA prevede di sviluppare a breve e medio termine i contenuti del documento, per riflettere ancor più e meglio le tante differenze presenti nel variegato mondo della disabilità.
Inoltre, la pandemia da coronavirus, esplosa proprio nei mesi conclusivi dell’elaborazione, ha rivelato e accentuato ulteriori situazioni di disuguaglianza tra gli studenti, rendendo necessario “correggere il tiro” su alcuni aspetti, in particolare attirando l’attenzione sulla necessità e sulla possibilità di muoversi diversamente di fronte a situazioni “eccezionali” di emergenza. (S.B.)

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