Il Fatto Quotidiano del 22-12-2018
E metà dell’organico è ancora di supplenti.
Per la prima volta dopo lungo tempo, il rapporto tra studenti che hanno bisogno di assistenza e docenti è tornato a salire. È una tendenza negativa che fa scattare un campanello d'allarme. Sebbene il sistema sia considerato all'avanguardia, il problema rimane sempre lo stesso: la carenza del personale. L'esponente della Fish: "Dalle deroghe alla mancanza di specializzati, alcuni problemi sembrano irrisolvibili".
Zero assunzioni. Il 2018 non sarà ricordato come un grande anno per il sostegno nella scuola italiana: per la prima volta dopo lungo tempo, il rapporto tra studenti disabili e docenti è tornato a salire; non succedeva dal 2011. Nell’anno scolastico in corso negli istituti del nostro Paese c’è un insegnante di sostegno ogni 1,73 studenti: nel 2017 la proporzione era di 1 ogni 1,69. Una piccola variazione che mette però in evidenza una tendenza negativa e fa scattare un campanello d’allarme: significa meno ore di assistenza, meno aiuto a chi ne avrebbe bisogno, semplicemente meno inclusione. “Il nostro sistema ha fatto grandi passi avanti rispetto al passato, basti pensare che negli ultimi dieci anni i posti di sostegno sono quasi raddoppiati, ma alcuni problemi sembrano irrisolvibili”, spiega Salvatore Nocera della Fish (Federazione italiana per il sostegno dell’handicap). “La verità è che nessuno ha ancora capito come risolvere la questione delle deroghe, mentre continuano a mancare i docenti specializzati sul sostegno per cui noi chiediamo la separazione delle carriere rispetto agli insegnanti comuni: la situazione è invariata”.
IL TALLONE D’ACHILLE: LA CARENZA DI PERSONALE. Ogni anno infatti la stessa storia: tante cattedre scoperte, troppi supplenti, professori che entrano ed escono dalle classi. E a pagare sono gli studenti, soprattutto quelli disabili che più di ogni altra cosa avrebbero bisogno di stabilità. Eppure il sistema di sostegno italiano è all’avanguardia, invidiato in tutta Europa per il suo modello inclusivo, che cerca il più possibile di integrare l’alunno portatore di handicap nella classe e nel suo percorso formativo, mentre altrove la separazione è molto più netta (e in certi casi proprio fisica, con l’inserimento in classi speciali a rischio “ghetto”). Basterebbe poco per il salto di qualità definitivo, ma il problema è sempre lo stesso: la carenza di personale. Non ci sono tutti gli insegnanti di cui ci sarebbe bisogno, spesso in cattedra finiscono maestre e professori non specializzati. E questo ha una serie di ovvie ricadute negative sul sistema.
I DATI DELLA CGIL: NEL 2018 ZERO ASSUNZIONI IN PIÙ, SOLO SUPPLENZE. Lo dimostrano gli ultimi dati della Flc Cgil. Aumentano gli alunni che hanno bisogno di sostegno: non perché ci siano più disabili, ma perché c’è più attenzione nelle certificazioni; questo è un dato positivo. Aumentano anche i docenti, ma non abbastanza, o comunque non con la stessa velocità. Nel 2018/2019 gli studenti disabili sono 245.723 (record storico, nel 2017 erano 234.658); anche i docenti di sostegno sono passati da 138.849 a 141.412, ma l’incremento non è stato sufficiente a far fronte alla maggiore richiesta. C’è dell’altro: questi 2.563 posti in più che si sono creati sono stati assegnati tutti a dei supplenti. Vuol dire che quest’anno il Ministero non ha effettuato neanche un’assunzione in più rispetto all’organico.
EMERGENZA “DEROGHE”: IL 75% DELLE CATTEDRE A DOCENTI NON SPECIALIZZATI. Su 140 mila posti totali, ben 40 mila (il 28,5 %) sono “in deroga”: si tratta cioè di posti “extra”, aggiunti ad anno in corso perché ci si rende conto che la pianta organica non è sufficiente per mandare avanti le scuole. In molti casi sono gli stessi uffici regionali, sulla base delle richieste degli istituti e della giurisprudenza, ad aggiungere ore; in altri sono i tribunali ad accogliere i ricorsi delle famiglie e a costringere l’amministrazione a provvedere. Sta di fatto che per la loro natura “straordinaria” queste cattedre vengono calcolate di anno in anno e non possono essere coperti in maniera stabile ma solo con contratti provvisori. È uno dei problemi principali del nostro sistema: il ministero contava di risolverlo rivedendo le certificazioni, ma l’attesa (e criticata) riforma del sostegno è stata stoppata dal nuovo governo. Così i supplenti restano troppi: tra i 40 mila posti in deroga, e quelli ordinari che pure non vengono coperti, nel 2017/2018 sono stati quasi 70mila. E supplenza nel sostegno vuol dire sempre discontinuità didattica, spesso anche poca preparazione: secondo un dossier elaborato dalla Cisl, il 75% delle supplenze vanno a docenti non specializzati (che non hanno cioè il titolo specifico per fare gli insegnanti di sostegno).
LA MOSSA DEL MINISTERO: NUOVO BANDO DA 40 MILA POSTI. I sindacati chiedono un piano straordinario contro il precariato, ma almeno per il sostegno la situazione è un po’ particolare: non è solo che non ci sono i soldi per assumere più docenti, è proprio che non ci sono docenti specializzati da assumere. Vuoi perché la specializzazione è un titolo piuttosto recente, vuoi perché storicamente i docenti dopo qualche anno tendono a chiedere il trasferimento dal sostegno al posto comune, la riserva è quasi nulla: ecco perché anche quest’anno delle 13.329 immissioni in ruolo ne sono state effettuate appena 1.682 (il 12,6%). Infatti la prossima mossa del ministro Bussetti sarà far partire un corso di specializzazione da 40 mila posti: il bando è atteso già a inizio 2019 e dovrebbe portare ad avere nei prossimi 3 anni una nuova generazione di maestri e professori di sostegno. Poi però ci vorrà anche un concorso per assumerli: la scuola italiana ha bisogno di loro.
di Lorenzo Vendemiale
Twitter: @lVendemiale
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