Agenda Digitale del 14-01-2019
I servizi digitali, in primis quelli della sanità devono essere accessibili, fruibili da tutti. Ma è una questione spesso sottovalutata da chi progetta i servizi. Vediamo quali sono i principi del “progettare per tutti”.
di Sergio Pillon,
coordinatore della Commissione Tecnica Paritetica del Ministero della Salute per lo sviluppo della telemedicina nazionale.
I servizi di sanità digitale non sempre sono accessibili o in regola con le norme e le buone prassi. E non è tanto una questione di disabilità, quanto di equità, semplicità e buon senso. Cerchiamo allora di capire come si possa facilmente progettare servizi per tutti, tenendo a mente sette facili principi e partendo dal cambiamento di prospettiva portato dalla direttiva Ue sull’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici (Direttiva 2016/2102).
La direttiva è stata recepita nel nostro paese il 26 settembre 2018. Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 106 del 10 agosto 2018, pubblicato in GU n.211 del 11-9-2018, la disposizione entra nel vivo, aggiornando e modificando la Legge 9 gennaio 2004, n. 4 “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, uno dei maggiori riferimenti in materia di accessibilità. Ne ha già parlato Roberto Scano presidente Iwa, presidente commissione UNI e-accessibility su agendadigitale.
La medicina delle quattro P.
Il primo cambiamento portato dalla nuova direttiva sembra banale ma cambia il punto di vista: alla legge 9 gennaio 2004, n. 4, vengono sostituiti ovunque i concetti di “disabile” con “persona con…” ad esempio i “disabili”, ovunque ricorrano, sono sostituite da “persone con disabilità”. Si diventa persone, così come noi medici dobbiamo sempre ricordare che un “diabetico” un “cardiopatico” sono prima di tutto persone con il diabete, persone con una cardiopatia. Le malattie e le disabilità sono tante, la persona è una sola, una persona con disabilità, il diabete ed una cardiopatia, e non a caso anche la medicina sta diventando sempre più la medicina personalizzata, la medicina delle 4P, la medicina della persona, considerata come un “unicum” a cui i servizi si devono rivolgere, e la medicina si fa anche con strumenti informatici e spesso si fa su persone con disabilità
La “disabilità rapportata ai contesti”.
Ma chi è la persona con disabilità? Una definizione moderna analizza il contesto per definire una ridotta capacità la “disabilità rapportata ai contesti”. Io, se dovessi giocare a calcetto con un gruppo di ventenni, sarei indiscutibilmente una persona con disabilità, se fossi in un gruppo di giapponesi che ridono e scherzano avrei certamente difficoltà cognitive e sia nel calcetto sia nel gruppo di giapponesi e sarebbe necessario uno sforzo da parte degli altri per farmi partecipare, adattando le loro capacità fisiche alle mie di sessantenne in sovrappeso o, nel caso dei giapponesi, di italiano che non capisce neppure le espressioni non verbali di un giapponese. Una persona su una sedia a rotelle per una lesione della colonna è perfettamente a suo agio in un salotto, non è “disabile”, lo diventa se chiede di andare in bagno e il locale non ha un bagno attrezzato. E chi non riesce ad usare uno smartphone?
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) disabilità è un termine generale che comprende:
- un handicap: un problema relativo ad una funzione o ad una struttura del corpo
- una limitazione nelle attività: una difficoltà che il soggetto incontra nell’eseguire un compito o un’azione
- una restrizione nella partecipazione: un problema che il soggetto incontra nell’essere coinvolto pienamente nelle situazioni della vita.
Siamo tutti “persone con disabilità”.
La disabilità quindi è un fenomeno complesso, che riflette l’interazione fra il corpo della persona e la società in cui la persona vive. La conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali ed i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo. Tutti i nostri pazienti possono essere considerati “persone con disabilità” anche se non rientrano nel concetto di “disabili lavorativi con deficit superiore all’80%” definito dall’Inps. Un anziano che non riesce ad usare uno smartphone ha un certo grado di disabilità secondo il concetto precedente, è fuori da molti contesti, ma certo non è per questo considerabile una persona con disabilità secondo l’Inps.
La progettazione universale.
Il secondo cambiamento nella nuova legge riguarda i contenitori ed i contenuti: le parole «siti Internet», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “siti web e applicazioni mobili”. Meglio spiegare di cosa si sta parlando, ed in seguito si descrivono nel dettaglio gli uni e gli altri. Infine arriva la parte davvero interessante, le prescrizioni, la ricetta che il medico fa alla fine della visita per curare il paziente, l’art. 3-bis (Principi generali per l’accessibilità). Non vale la pena discuterlo nel dettaglio ma, come appare immediatamente chiaro a chi disegna servizi di sanità elettronica, il tutto è piuttosto confuso nella comprensione e nell’attuazione e rimanda infatti a chiarimenti emessi dall’AGID. Le linee guida di design per i servizi digitali della PA, nella release CC-BY 3.0 dell’Agenzia per l’Italia Digitale , non sono particolarmente di aiuto ed introducono una complessità (90 pagine) legata alla necessità di essere “universali” di parlare di tutti i servizi digitali della PA.
Come fare per progettare servizi di sanità digitale accessibili, fruibili da tutti? Può essere un grande aiuto il concetto sviluppato nel mondo dell’architettura, di Universal Design, in italiano “Progettazione Universale”, con la variante correlata “Progettazione per tutti” (in Inglese Design for All). "La progettazione universale -come ricorda Wikipedia - è il termine internazionale con cui ci si riferisce a una metodologia progettuale di moderna concezione e ad ampio spettro che ha per obiettivo fondamentale la progettazione e la realizzazione di edifici, prodotti e ambienti che siano di per sé accessibili a ogni categoria di persone, al di là dell’eventuale presenza di una condizione di disabilità. Il termine Universal design è stato coniato dall’architetto Ronald L. Mace della North Carolina State University assieme ad un gruppo di collaboratori, per descrivere il concetto di progettazione ideale di tutti i prodotti e gli ambienti artificiali, tali che siano piacevoli e fruibili per quanto possibile da chiunque, indipendentemente dall’età, dalla capacità e/o dalla condizione sociale.
L’Universal Design è emerso dai concetti, leggermente anteriori, di senza barriere (barrier-free), dal più ampio movimento dell’accessibilità e dalla tecnologia adattiva e assistiva, cercando inoltre di fondere l’estetica a queste considerazioni di base. Mentre l’aspettativa di vita si alza e le scienze mediche migliorano il tasso di sopravvivenza dei pazienti con lesioni significative, malattie e difetti congeniti, vi è in parallelo un crescente interesse per la progettazione universale. Ci sono molti settori in cui il design universale sta avendo una forte penetrazione di mercato, ma ci sono molti altri in cui non è ancora stato adottato in ampia misura. Il design universale viene anche applicato alla progettazione della tecnologia, dell’istruzione, dei servizi, e del più ampio spettro di prodotti e ambienti.”
Si parla di servizi e non di Web e di app. I servizi di medicina digitale si possono erogare anche in altri modi, email ad esempio o sms, call center, ChatBot… solo per fare alcuni esempi, va progettato il servizio e non il portale web o l’app.
I 7 principi fondamentali del progettare per tutti
Principio 1 – Equità – uso equo: utilizzabile da chiunque.
Principio 2 – Flessibilità – uso flessibile: si adatta a diverse abilità.
Principio 3 – Semplicità – uso semplice ed intuitivo: l’uso è facile da capire.
Principio 4 – Percettibilità – il trasmettere le effettive informazioni sensoriali.
Principio 5 – Tolleranza all’errore – minimizzare i rischi o azioni non volute.
Principio 6 – Contenimento dello sforzo fisico – utilizzo con minima fatica.
Principio 7 – Misure e spazi sufficienti – rendere lo spazio idoneo per l’accesso e l’uso.
Questi principi sono stati elaborati per essere applicati nel più numero più ampio possibile di settori, quindi dall’edilizia ai trasporti ma anche dall’informatica alle tecnologie, dall’ambiente di lavoro alle attività turistiche e sportive e così via. Vale la pena dare un’occhiata al sito del Centre for Excellence in Universal Design (CEUD) http://universaldesign.ie/What-is-Universal-Design/The-7-Principles/, dove si possono anche trovare le numerose norme UNI su accessibilità dei servizi.
Non è lo scopo di queste considerazioni insegnare a progettare un servizio digitale accessibile ma di evidenziare alcuni concetti:
- I servizi di sanità digitale vanno considerati tutti rivolti a “persone con disabilità”
- Non si tratta tanto di rispettare regole tecniche, spesso basterebbe utilizzare il buon senso
- Non si tratta tanto di servizi per persone con disabilità, tutti servizi devono essere facili da capire ed usare, usabilità è il concetto chiave
- I servizi digitali sono progettati da ventenni per essere usati da sessanta-settantenni ed oltre, pensateci e condividete le beta con chi li usa
- La formazione di chi progetta questi servizi è indispensabile, il servizio magari è fruibile con un’app ma potrebbe esserlo anche attraverso una telefonata, o con l’aiuto di un caregiver o un chatbot. Non si tratta di accessibilità informatica ma di accessibilità del servizio!
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