sabato 19 gennaio 2019

«La mia vita a occhi chiusi Amo fare le immersioni lì non ci sono barriere», di Giuseppe Recca

La Sicilia del 08-01-2019

La storia del saccense Stefano Turturici, non vedente dall'età di 18 anni a causa di una rara patologia genetica e più forte anche di un grave incidente stradale. «Chi ha una minoranza visiva è in grado di fare cose in apparenza eccezionali: non è una sfida, basta crederci»

«Sono felice, affronto la cecità come una compagna di vita e in modo assolutamente normale». Per Stefano Turturici, saccense non vedente alle porte dei 50 anni, la vita è una scoperta continua di cose e dettagli che ai vedenti sfuggono. Non una sfida, ci tiene a precisarlo, ma una quotidiana esplorazione di un mondo che solo con lo sviluppo completo dei quattro sensi si può pienamente apprezzare. Stefano va in barca, fa immersioni subacquee, esplora grotte, va in montagna a sciare, cucina, organizza eventi. E non si ferma mai. Con un dinamismo incredibile e una vivacità che nel corso della nostra chiacchierata abbiamo pure invidiato, promuove tante attività in favore dei disabili come lui, specialmente in mare. Stefano ci accoglie con una precisazione: «Le persone come me con una minorazione visiva, hanno la possibilità di gestirsi e per tantissime cose non devono dipendere da altri. Siamo nelle condizioni di vivere una vita normale e fare le cose che apparentemente possono sembrare eccezionali». Stefano Turturici è rappresentante della sezione di Sciacca dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e componente del direttivo della Lega Navale Italiana della stessa città. La sua voglia di vivere non si è fermata quando all'età di 18 anni gli è stata diagnosticata una retinite pigmentosa, una rara malattia genetica caratterizzata da una degenerazione progressiva della retina in entrambi gli occhi. E non si è fermata nemmeno dieci anni dopo, quando è rimasto vittima di un incidente stradale in moto che lo ha costretto a sottoporsi a due delicati interventi chirurgici alla testa, quelli che con molta probabilità hanno accelerato la progressione della malattia e che oggi lo rendono completamente cieco. «Il momento più traumatico è stato quando mi hanno diagnosticato, in modo forse un po ' brusco, la malattia. Poi non è mai stato un problema, ha prevalso la mia concezione della vita, cioè che una patologia invalidante si può affrontare facendo crescere tutte le attività sensoriali. Io non mi sono mai chiesto perché proprio a me. Certo, nascere cieco è cosa diversa che diventarlo, io sono stato avvantaggiato dal fatto che avevo già visto quello che oggi tocco con mano». Sfruttando il suo amore per il mare, la possibilità di averlo a due passi da casa e la sua presenza nel consiglio direttivo della locale Lega Navale, Turturici promuove ogni anno decine di iniziative. «Abbiamo fatto escursioni in barca con i ragazzi disabili assistiti dalle associazioni cittadine, promosso incontri per la conoscenza della fauna ittica e della gastronomia marinara, abbiamo fatto provare l'emozione della pesca con la lenza, raduni di auto d'epoca, tutte attività con cui a diversi disabili della vista e con minorazioni aggiuntive abbiamo permesso di vivere intensamente il mare, il luogo dove più facile è sprigionare libertà e serenità d'animo. Non a caso il mare viene scientificamente ritenuto un prezioso strumento terapeutico, con noi si divertono e gioiscono ragazzi pluriminorati che a scuola ad esempio hanno problemi ad interagire». Il suo amore per il mare Stefano lo ha voluto approfondire meglio provando le immersioni subacquee: «Quando un esperto sub come Santo Tirnetta mi ha detto che aveva il brevetto di istruttore per disabili, non ci ho pensato un attimo a frequentare un corso. Oggi sono in possesso del brevetto di sub di primo e secondo livello. Ho fatto esperienze bellissime nei fondali di Sciacca, mi sono immerso ad Ustica e a Scilla, in Calabria, ho partecipato a ricerche archeologiche in mare. Esperienze incredibili, in acqua non ci sono barriere architettoniche, mi sento al sicuro, " vedo " ciò che gli altri ritengono superficiale, puoi giocare con un polipo, puoi toccare una gorgonia a 30 metri di profondità. Il mondo sommerso è bellissimo». E non è tutto: Stefano ha voluto far parte del gruppo dei portatori del simulacro di Maria Santissima del Soccorso, la patrona della città. Opportunamente guidato, insieme a cento marinai da 14 anni porta a spalla per le vie della città il simulacro della Madonna come segno di fede e devozione. E poi ha pure voluto frequentare un corso BLS di primo soccorso e imparare le tecniche di rianimazione cardio-polmonare ed altre manovre a supporto delle funzioni vitali. «Con grande soddisfazione sono pure riuscito a mettere in pratica parte di quanto ho imparato quando in autobus un ragazzo ha avuto una crisi epilettica e sono intervenuto in attesa dell'arrivo di un medico». Stefano Turturici fino a poco tempo fa usciva con un cane guida, oggi l'animale è avanti con l'età e lui lo accudisce. Lavora come centralinista nel locale Centro per l'impiego. Non è quello che sognava di fare, ma quando esce fuori dall'ufficio corre dagli amici della Lega Navale per organizzare nuove iniziative, programmare le prossime immersioni in acqua della stagione estiva e si confronta con amici e conoscenti. Una passione contagiosa quando Stefano ci racconta quello che ha fatto ed i tanti progetti ancora nella sua testa. «Il prossimo obiettivo sono dei corsi di protezione civile, insegnare a noi non vedenti ed a quanti hanno varie disabilità, come comportarsi in caso di calamità naturale». Una vita dinamica, a 100 all'ora, di un individuo che non è affatto imprigionato in un mondo di colore nero come si potrebbe facilmente immaginare. Un uomo che oltrepassa ogni giorno la porta del disagio e che lancia continui messaggi a quelle famiglie che tengono chiusi i loro figli in casa pensando che siano un peso per la società. E ci lascia con un suo motto: «Mi sento ogni giorno una risorsa, non un problema».


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