Il Mattino del 10.12.2019
SALERNO. «La cecità è una forma di solitudine» diceva Jorge Luis Borges. Ed è così quando i bisogni speciali di persone diversamente abili non vengono soddisfatti. La godibilità dell’arte è uno di questi, ma adesso grazie ad un giovane ricercatore salernitano sembra che il problema sia risolto. Lui è Michele Mele, 28 anni, ha concluso il dottorato in Matematica all’Università Federico II di Napoli, collabora con l’Ateneo del Sannio, scrive di musica, ama la cultura e ha una grave forma di ipovisione dalla nascita. Ha pensato di mischiare le carte e mettere insieme l’esperienza del Centro Sinapsi della Federico II, le tecnologie speciali di alcune aziende inglesi, la struttura organizzativa del Touring Club di Salerno, ed è così che nasce il progetto «Accessibilità all’arte». «Un percorso che mira alla creazione di riproduzioni tattili di beni artistici bidimensionali, per ipovedenti e non vedenti - spiega il ricercatore - Esistono tecnologie come le stampanti 3D. Ma come faccio a veicolare un messaggio bidimensionale, se mi trovo davanti ad un quadro e chiudo gli occhi? L’unica tecnologia al mondo, creata per questo, si trova in Inghilterra, usata per le carte geografiche e i grafici matematici».
Mele ha così pensato di plasmare la tecnologia inglese, riportandola in ambito artistico. Socio del Touring Club sezione Salerno, il giovane matematico è partito dalla sua città, in particolare dalla Chiesa di Santa Maria de Lama. «Ho lavorato per il Centro d’Ateneo Sinapsi che ha l’obiettivo di favorire una cultura della condivisione e della inclusione, supportando tutte le persone con difficoltà permanenti o temporanee - continua Mele - Il Centro conosceva quella tecnologia. Mi hanno chiesto un progetto. Siamo partiti da Salerno. Abbiamo avuto visitatori dall’Estremo Oriente, una ragazza asiatica ha potuto toccare gli affreschi di epoca longobarda e normanna».
Ma come funziona il processo? Tutto nasce da fogli rivestiti di polimeri, sui quali viene stampata una rielaborazione della foto del soggetto. «Prendiamo un affresco - spiega lo scienziato - ne facciamo una foto in alta definizione. Io e gli altri operatori iniziamo un processo di rielaborazione dell’immagine con il sistema backtracking, ricostruendo i dettagli fondamentali dell’immagine». La stampa viene inserita in un forno, dove inchiostro e impasto reagiscono e portano in rilievo l’opera. «In questo modo - aggiunge Mele - un ipovedente o un non vedente hanno una educazione alla pari di una persona che vede. Tutte le chiese saranno un giorno dotate di queste riproduzioni. Con il Touring, abbiamo lavorato con il Parco archeologico di Paestum, il duomo di Salerno, il Complesso archeologico di San Pietro a Corte». È così che Michele Mele ha trasformato la disabilità in una occasione di cambiamento radicale. Lui che fin da piccolo ha amato la matematica, ha dovuto razionalizzare lo spazio in cui muoversi, plasmando le forme geometriche in algoritmi funzionali alla vita quotidiana. «La matematica non è una cosa fredda - chiarisce - Si occupa di tutto, del quotidiano, si trova anche nell’armonia delle poesie e nelle forme di un’opera d’arte. Viviamo in un paese pieno di barriere architettoniche. È la società che crea la disabilità e non madre natura. Ora, spero che questo progetto possa diffondersi su tutto il territorio nazionale».
di Davide Speranza
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