Redattore Sociale del 13/10/2020
Andiamo a scoprire il gioco degli scacchi praticato da persone cieche o ipovedenti: una disciplina in ascesa, nonostante il calendario rivoluzionato dall'emergenza sanitaria. Sport sedentario, ma le emozioni non mancano.
ROMA. "A una persona non vedente consiglierei di giocare a scacchi perché allena la memoria, ma non solo: bisogna provare per capire quante emozioni e adrenalina può dare un gioco del genere". Parola di Luca Crocioni, perugino, scacchista e direttore sportivo di questa disciplina in seno alla Fispic, la Federazione italiana sport ipovedenti e ciechi. È lui a raccontare in cosa consiste questo gioco, quali le differenze con quello praticato da normodotati e come si sta sviluppando nel nostro Paese. "Per anni il gioco degli scacchi è stato considerato una disciplina per nobili e per pochi", spiega Crocioni. "Con il tempo, però, ha cominciato a crescere a livello mondiale, tanto da essere oggi uno dei giochi più popolari al mondo, praticato da un numero sempre maggiore di persone".
Gioco ma anche sport, sugli scacchi si sono consumati fiumi di inchiostro. Di fronte a una scacchiera si sono disputate alcune delle sfide più belle del secolo appena trascorso, sfide in grado di segnare la storia e stravolgere, in alcuni casi, gli equilibri politici internazionali. Da anni il gioco degli scacchi sta scrivendo anche una bella pagina di integrazione, come sottolinea Crocioni. "Da noi la gestione dei campionati nazionali è affidata alla Federazione scacchistica italiana che regola le attività a tutti i livelli, da quelli degli junior ai disabili. Un campionato vero e proprio per disabili visivi, però, ancora non esiste, perché la federazione al momento non lo prevede: le competizioni, infatti, devono essere inclusive, come dire che all'interno di un torneo devono essere iscritti anche giocatori disabili".
Sport per tutti, quindi, senza distinzioni, come nella migliore tradizione del movimento paralimpico: "Stiamo lavorando per organizzare il primo campionato interamente per non vedenti, ma finché la Fsi non ci fornisce le autorizzazioni necessarie per realizzare un progetto del genere non possiamo effettuare stime precise su quanti potranno essere i partecipanti". In questi mesi gli appuntamenti sono stati cancellati dall'emergenza coronavirus, ad iniziare dal torneo internazionale "Memorial Claudio Levantini" - bandiera italiana del baseball per ciechi, nonché grande scacchista, scomparso due anni fa -, che solitamente si disputa a Milano e al quale avevano dato adesione 25 scacchisti, alcuni stranieri provenienti da Perù, Portorico, Francia, Spagna e Germania.
Ma quali sono le differenze tra gli scacchi giocati dai non vedenti e quelli praticati dai normo? Le regole sono molto simili tra loro. Le differenze riguardano principalmente i tabellini: "Chi vede può scrivere il referto vero e proprio, mentre noi che non vediamo dobbiamo scrivere in Braille o effettuare registrazioni vocali", spiega Crocioni. Gli orologi, poi, sono vocali o tattili e le scacchiere possono essere a pioli o a calamita. Un'altra differenza riguarda l'orario: i normodotati utilizzano un'ora e trenta secondi a mossa, mentre ai disabili visibili è concessa un'ora e trenta minuti. "Ai normo, in sostanza, basta vedere la scacchiera mentre noi abbiamo bisogno di toccarla. Sicuramente, a forza di giocare e seguire le partite alleni talmente tanto la memoria che alla fine riesci a giocare senza avere la scacchiera sottomano".
Certo, quello degli scacchi è considerato un gioco sedentario, soprattutto se paragonato ad altre discipline per non vedenti come showdown e torball. "C'è sì un'adrenalina diversa, ma le emozioni sono fortissime", commenta Luca Crocioni. "Ricordo che un tempo avevo difficoltà ad allenarmi e a trovare persone con le quali giocare. Ora, invece, ci sono gruppi su WhatsApp che permettono a chiunque di allenarsi e sfidarsi".
"Sono tre anni che la Fispic ha preso la gestione di questo sport", dice Sandro Di Girolamo, ipovedente, presidente della Federazione italiana sport ipovedenti e ciechi. "Lo stiamo seguendo e stiamo cominciando a organizzare campionati a carattere nazionale e internazionale". A livello mondiale questa disciplina è coordinata dall'Ibsa, l'International blind sports association, e proprio con questa organizzazione in ambito internazionale e con la Federscacchi in Italia "stiamo provando a portare avanti una più stretta e proficua collaborazione. Si tratta di uno sport molto diffuso soprattutto all'estero". Uno sport che impegna poco fisicamente, che non ha, quindi, limiti d'età e che può essere giocato ovunque: bastano un paio di sale, una scacchiera, orologi e la disponibilità degli arbitri.
Al momento, in Italia, ci sono una cinquantina di persone non vedenti che praticano gli scacchi e che prendono parte a gare federali, il tutto all'insegna dell'integrazione più concreta. Per quanto riguarda gli appuntamenti internazionali, Di Girolamo spiega: "Nel 2019, a Cagliari, si è svolto il Campionato mondiale, organizzato dall'International braille chess association con il nostro supporto, in particolare quello di Luca Crocioni e della sua associazione". E per il 2021 si pensava all'organizzazione di un grande evento, un Europeo o addirittura un Mondiale".
Il sogno nel cassetto? "Sicuramente quello di riuscire a far entrare questo sport nel programma delle Paralimpiadi. Potrebbe esserci uno spiraglio, in tal senso, ma per raggiungere questo obiettivo è importante capire un po’ di numeri, ovvero quanti Paesi lo praticano". Una disciplina dal carattere inclusivo, insomma, "che permette di allenare la memoria e fornisce quelle capacità mentali che servono per rimanere calmi e sereni, sapendo che non ci si può distrarre".
L'articolo di Stefano Tonali (qui lievemente modificato) è stato pubblicato su SuperAbile Inail.
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