sabato 4 maggio 2019

Denis non vede, la classe studia il Braille: "Ci fa crescere"

Il Corriere della Sera del 04.05.2019

BEDIZZOLE (BS). All’inizio erano calci, pugni, urla. Avvicinare Denis, in prima elementare, era quasi impossibile: «Mio figlio tornava a casa e mi raccontava che c’era questo bambino che non vedeva, e lui e gli altri erano dispiaciuti, perché non riuscivano a parlare con lui, a giocarci», dice Francesca Lanari, madre di Jason, che con Denis frequenta la V C dell’istituto comprensivo Manzoni di Bedizzole (Brescia). È stata lei a scrivere una lettera al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, anticipata al Corriere, per raccontare la storia del «bambino magico»: sono passati 4 anni e ora Denis, ipovedente dalla nascita, è «un bimbo dolcissimo, che ci ha insegnato a crescere, a conoscere e affrontare la vita con sfumature diverse», molto diverso da quel piccolo taciturno e diffidente che non voleva entrare in classe.

Tanta pazienza.

La trasformazione avvenuta in questi anni non è stata solo frutto di tanta pazienza «da parte di tutti i genitori e bambini, nessuno escluso». C’è una bacchetta magica dietro questo cambiamento ed è quella dell’insegnante di lettere, Maria Grazia Saccà, che ha intuito come avvicinarsi a Denis: «Al di là dell’insegnante di sostegno, ho organizzato laboratori sull’utilizzo delle sensazioni, giochi bendati così che tutti i bambini capissero cosa provava, lavori di gruppo in modo che si sentisse coinvolto: dicono che sono stata brava, ma ho fatto solo il mio dovere, spinta dai miei alunni». E sono stati sempre i bambini a chiedere di imparare il codice Braille, il linguaggio usato da Denis: una sfida da cui è nato il libricino dedicato a drago alfabeto, il mostro buono che, con le fiamme, fa esplodere le lettere dell’alfabeto e le trasforma in puntini, ovvero lettere in braille. «Per i bimbi non ci sono barriere insuperabili ma solo opportunità per imparare, miracoli da compiere», scrive Francesca. E così il racconto, presentato a scuola con l’Unicef, è stato stampato in un centinaio di copie grazie a fondi comunali. E spedito anche al ministro, nella speranza che diventi un vademecum per le classi dove c’è un bambino che dev’essere valorizzato. «Quest’esperienza — dice la preside, Sabina Stefano — dimostra che la scuola, quando accoglie la diversità, può essere luogo di ricchezza e apprendimento». Senza rallentare: i bambini sono tutti al passo col programma, Denis farà lunedì le prove Invalsi, e la madre, Nina, è grata: «È più autonomo e indipendente, ha imparato le cose che un bambino deve sapere: siamo stati fortunati a incontrare persone che sono andate oltre il loro dovere professionale». Una prova? Quando è arrivata la nuova insegnante di sostegno è stato Denis a portarla in giro: «Mi ha mostrato la scuola e presentato tutti: gli bastava sfiorare i muri e toccare i capelli, e sapeva dov’era e con chi», spiega lei. La V C è diventata con lui una classe speciale: «La nostra classe è composta da 20 stelle che brillano — chiude Francesca — perché è così che chiamiamo i nostri bambini, e una in particolare è diversa dalle altre, ma ciò la rende ancor più splendente».

di Valentina Santarpia

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