Si è interessato di disabilità visiva quando la figlia si è ammalata. Ha fondato l’associazione vEyes e brevettato una app che consente diagnosi precoci.
MILO (CT). Per salvare la vista a un bambino potrebbe bastare una semplice fotografia. Scattata con un normale smartphone, per diagnosticare già alla nascita una cataratta congenita o un retino-blastoma. Patologie gravi e irreversibili, per le quali la diagnosi precoce con il test del riflesso rosso è fondamentale. Ma effettuare il test su un bimbo, ancor di più su un neonato, può essere complicato. E per un piccolo paziente persino fastidioso. Pensando a questo la onlus vEyes ha creato la app redEyes che «consente di effettuare il test con uno smartphone Android trasformandolo in uno strumento diagnostico»: come spiega Massimiliano Salfi, docente di Materie Informatiche presso l’Università di Catania e fondatore di vEyes.
«Il vantaggio per il bambino è che non serve la dilatazione farmacologica e basta tenere aperto l’occhio per 1/60 di secondo, inoltre lo specialista - aggiunge Salfi - ha una console al computer per analizzare le immagini prodotte da redEyes, scrivere e stampare il referto. Il test diventa quindi un esame di diagnostica per immagini digitali, archiviabili e consultabili nel tempo, visto che la sintomatologia può comparire in età prescolare».
Il progetto vEyes Rre (Red Reflex Examination), nato nel 2014 in collaborazione con l’Associazione Cataratta Congenita, ha iniziato la sperimentazione clinica un anno fa presso la clinica oculistica del Policlinico di Catania, diretta dal professor Avitabile. Ed è oggi protagonista di un progetto pilota presso la Unità operativa complessa di Oculistica dell’Ospedale Pediatrico «Bambin Gesù» di Roma e la neonatologia dell’ospedale «Santo Bambino» di Catania.
Peraltro la onlus catanese vEyes sviluppa tecnologie informatiche applicate alla disabilità per uso esclusivamente umanitario, secondo un modello open che rilascia gratuitamente tutto quello che progetta e sviluppa. Ciò significa che «conclusa la sperimentazione e certificato il sistema, la app redEyes verrà distribuita in una versione scaricabile gratuitamente dalle famiglie» sottolinea Salfi. Che si è accostato al mondo della disabilità visiva quando nel 2012 alla figlia di otto anni, Arianna, viene diagnosticata una «retinite pigmentosa sale e pepe». Da allora il professore e i suoi studenti hanno trasformato tesi di laurea in progetti concreti, tra cui Leonard: un «ausilio tecnologico capace di convertire il movimento delle mani del direttore d’orchestra in un clic, per rendere accessibili le orchestre anche ai musicisti non vedenti». Quindi anche ad Arianna, che nel frattempo è diventata una promettente violoncellista. Superando una problematica che di recente ha messo in evidenza la fiction Rai La compagnia del cigno.
Ed è un peccato che gli sceneggiatori non conoscessero Leonard, sarebbe stato un originalissimo snodo narrativo. Che c’è stato invece nella realtà. Con la vEyes Orchestra, nata nel 2017 «per fare dialogare musicisti vedenti e non, e per permettere ai maestri di musica di insegnare anche a bambini ciechi o ipovedenti con ausili appropriati. Perché la disabilità visiva è una condizione, non un limite: basta solo mettere le persone nelle condizioni giuste per agire». A tal fine in una grande struttura residenziale delle Figlie della Carità, a Milo, paese sull’Etna scelto già da Franco Battiato e Lucio Dalla come luogo della musica e dell’anima, sta prendendo vita vEyes Land, sede della onlus ma anche campus musicale, che Salfi sogna «di trasformare in un luogo di inclusione e integrazione, dove fare musica ma anche diagnosi e ricerca, un luogo dove vivere con normalità l’iter clinico». Accompagnati dai suoni della montagna e dei suoi boschi, che scendono fino al mare.
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