domenica 21 aprile 2019

Scoppi, palloncini visori e manopole Il sapere a portata dei cinque sensi

Il Tirreno del 21.04.2019

Monica Gori, scienziata toscana dell'ITT di Genova, consente di studiare ai ciechi e a chi non usa la visione per apprendere.

GENOVA. Non serve un righello e un quaderno per imparare che cos'è un angolo retto. Non servono neppure gli occhi, se si hanno buoni orecchi e fantasia. C'è una scienziata toscana, a Genova, all'Istituto Italiano di Tecnologia che con una lavagna virtuale ti proietta al centro della geometria. E ti fa pure camminare su un prato virtuale, per insegnarti, con i passi e i suoni, il piano cartesiano. Geometria e matematica alla portata dei cinque sensi. Senza barriere. Al di là di ogni disabilità. Valorizzando le inclinazioni naturali di ogni bambino. Questo approccio (frutto di anni di studi di psicologia, applicata alle tecnologie multisensoriali robotica) fa di Monica Gori, aretina di nascita, fiorentina di università, adottata dal CNR di Pisa, una delle scienziate più apprezzate dall'Unione Europea. Da quando è all'Istituto Italiano di Tecnologia, l'Europa le finanzia progetti con cui assicura un apprendimento e la riabilitazione efficace sia per chi è cieco, sia per chi non lo è ma non usa la visione come senso primario per imparare. Non tutti imparano con gli occhi. Ce ne sono tanti di bambini così. Che non usano la vista come senso primario per imparare. Una è stata proprio Monica. Alle elementari e alle medie era considerata un'alunna poco dotata. Fino al percorso speciale, quello artistico e all'incontro con docenti straordinari come la professoressa Patrizia Nardelli che le dimostra come sia possibile prendere 9 in matematica anche senza essere stati studenti modello negli anni precedenti. «Io a scuola ero una bambina che si annoiava, perdevo interesse abbastanza velocemente. Poi da grande, studiando psicologia, ho scoperto che non avevo né problemi di vista né di attenzione. Semplicemente per me il canale visivo, quello privilegiato dalla scuola, non era il migliore per apprendere». Fino a 8-10 anni - spiega la scienziata - molti bimbi privilegiano uno dei cinque sensi per imparare, ma non è lo stesso per tutti: «C'è una predisposizione sensoriale, una preferenza a usare un senso invece di un altro. Può essere l'udito o il tatto e solo verso gli 8-10 anni, appunto, inizia il processo di integrazione multisensoriale che si completa dopo i 14 anni. Questi studi suggeriscono che per apprendere concetti diversi si usano sensi diversi; perciò la scuola non può usare un metodo di insegnamento uguale per tutti». Deve tenere conto di questa diversità, anche in assenza di disabilità o disturbi veri e propri come la dislessia.

SEGUIRE L'INCLINAZIONE. «L'idea che si debba imparare secondo le proprie inclinazioni, sfruttando la flessibilità che la tecnologia ci offre - prosegue Monica Gori - è stata premiata dall'Unione Europea con un finanziamento di 2,5 milioni di euro» per un progetto coordinato da Monica Gori con Gualtiero Volpe dell'università di Genova. Così una decina di gruppi (tra cui l'università di Genova, l'University college di Londra, il Trinity college di Dublino) si sono messi subito al lavoro. E sono nate un sacco di proposte, dispositivi e progetti che l'Europa ha classificato come "eccellenti". Perché funzionano sia per i bambini (e le persone) con disabilità sia per chi non è disabile. «Con un vantaggio: dando a tutti la possibilità di imparare usando tutte le modalità sensoriali, abbassi anche le barriere. Vuoi usare l'udito? È un senso che hanno in comune i bimbi che vedono e i non vedenti. Idem il tatto e così via». E uno di questi progetti è garbato così tanto che la DeAgostini scuola (dal suo sito) consentirà alle scuole di scaricare la App gratuitamente.

STUDIARE GLI ANGOLI CON I SUONI.

La App gratuita è quella che porta al progetto per imparare gli angoli delle figure geometriche. Si chiama "Robot angle" e funziona in modo semplice, spiega Monica Gori: «I bambini simulano di essere robot: mimano i gesti del robot che appare sulla lavagna. Muovono le braccia come un vigile urbano e riproducono nello spazio l'angolo. Ad esempio: alzi in alto un braccio e l'altro lo allarghi, in linea con la spalla. Ecco che hai riprodotto l'angolo retto. Ma questo è solo l'inizio. Poi appoggi il corpo alla lavagna e se l'angolo riprodotto è corretto, viene emesso un suono». Non un suono a caso: «Da studi neuro-scientifici abbiamo scoperto che il cervello associa un suono alto con un angolo acuto e un suono grave (basso) con un angolo ottuso (grande). Così anche i bimbi ipovedenti, associando suono e posizione delle braccia nello spazio afferrano il concetto degli angoli».

PIANO CARTESIANO E PRATI FIORITI. Con lo stesso principio - abbinamento suono e movimento - i bambini possono imparare il piano cartesiano, anche se sono ipovedenti. O se non usano la vista come senso primario di apprendimento. Se i bambini non hanno problemi di vista - spiega Monica Gori - vengono calati in un sistema di realtà virtuale. Dotati di un paio di visori, sono catapultati «in un prato fiorito con i fiori che stanno in punti precisi dell'asse delle ascisse (quello orizzontale indicato x) o delle ordinate (quello verticale indicato con y). Il bimbo si muove e in x il suono cresce in intensità (più alto o basso) e in y in frequenza (di acuto o più grave). Con i punti che gli vengono dati disegna i suoi assi». Ai bimbi non vedenti, invece dei visori, vengono dati strumenti che vibrano quando incontrano gli assi disegnati. E così comprendono lo stesso il concetto.

SPACE BALOON. Analogo progetto, sempre per bimbi non vedenti, per apprendere il piano cartesiano è lo "Space baloon". Di fatto - illustra Monica Gori - i bimbi (ma anche gli adulti) vengono dotati di una penna "sensorizzata" che fa percepire una forma, una forza simulata dal robot. I bambini devono andare a scoppiare palloncini in base alle coordinate indicate sulle assi delle ascisse e delle ordinate. E così, attraverso il suono, apprendono il concetto «con efficacia, come abbiamo potuto sperimentare nella giornata aperta organizzata da tutto il gruppo di ricerca UVip (Unit Visually Impaired People) il 27 marzo all'Istituto. E i risultati sono stati ottimi».

di Ilaria Bonuccelli

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