sabato 21 novembre 2020

«Grandi progressi per la retina artificiale. Così ridaremo la vista»

L’Arena del 21/11/2020

NEGRAR. Migliorare la qualità della vita delle persone restituendo la vista a chi l'ha persa del tutto, o parzialmente. È questa la missione di Grazia Pertile, dal 2003 direttore dell'Oculistica dell'Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Sacro Cuore Don Calabria a Negrar di Valpolicella. A sentirla parlare con tanta passione delle ricerche che la vedono coinvolta, si intuisce come oggi la sua professione richieda competenze in numerosi campi, un tempo lontani dall'oculistica: ieri è intervenuta al Festival del Futuro raccontando gli studi che l'equipe di cui fa parte sta portando avanti per la realizzazione della retina artificiale fotovoltaica. Un progetto interamente made in Italy, che promette di migliorare la vita a chi è affetto da retinite pigmentosa e da degenerazione maculare legata all'età: «Nel primo caso si tratta di una malattia invalidante che colpisce una persona ogni 3.500: pur trattandosi di una malattia rara, i numeri in Italia sono comunque alti», ha informato Pertile, «mentre la degenerazione maculare senile è molto frequente e riguarda circa il 10% della popolazione anziana». Entrambe le patologie portano alla progressiva degenerazione dei fotorecettori della retina, cioè di quelle cellule che catturano la luce e trasmettono l'impulso al cervello, causando una perdita della vista anche totale.

NANO-PARTICELLE. «Ci siamo accorti», ha dichiarato Pertile, «che i fotorecettori danneggiati possono essere sostituiti da nanoparticelle fotoattive, che trasmettono l'impulso elettrico, mimando ciò che fanno i fotorecettori della retina nei soggetti sani. Le nanoparticelle hanno la capacità di attaccarsi alla cellula, così si può avere una stimolazione molto precisa. E sono stati individuati anche degli accorgimenti affinché restino dove le portiamo, distribuendosi in modo omogeneo. Questo tipo di retina artificiale», ha specificato, «è stato sperimentato inizialmente in un particolare tipo di ratto, con buoni risultati e, successivamente, è stato adattato a un modello più vicino come dimensioni a quello umano, quello del maiale. E i risultati sono stati ancora una volta incoraggianti».

ESPERIMENTI SULL'UOMO. Come si fa quindi a capire se l'animale al quale è stata applicata questa retina ci vede? «Misurando il riflesso pupillare», ha replicato Pertile, «che porta la pupilla a chiudersi. Oppure utilizzando la scatola luminosa: i ratti, come sappiamo, preferiscono stare al buio e noi abbiamo misurato quanto tempo rimangono nella parte luminosa e quanto in quella senza luce. O, un altro metodo», ha precisato Pertile, «è quello che si utilizza con i bimbi che non sanno leggere le lettere e i numeri, mostrando un'immagine con strisce bianche e nere che si alternano: fino a quando si è in grado di distinguerle l'impulso arriva al cervello. Per ora i risultati sono buoni sugli animali. Ma la sperimentazione sull'uomo deve ancora iniziare. Ne saranno fatte due contemporaneamente», ha annunciato la ricercatrice, «una per la retinite pigmentosa, l'altra per la degenerazione maculare senile. Da quando partirà, tra raccolta dei dati e validazione, serviranno almeno due anni. Dal 2025 si potranno avere le prime applicazioni terapeutiche». E, altra buona notizia, sarà una soluzione più economica rispetto a quelle offerte oggi dalla ricerca, fruibile quindi da molte più persone.

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