Torino Oggi del 15/11/2020
TORINO. Il 26 ottobre scorso l’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) ha compiuto cent’anni. Era infatti il 26 ottobre 1920 quando Aurelio Nicolodi, un reduce di guerra che aveva perso la vista in un’azione militare durante il primo conflitto mondiale, fondò l’associazione.
In tempi così difficili, parlare di festeggiamenti sarebbe fuori luogo. I gravi problemi legati alla pandemia hanno costretto a sospendere gli eventi pubblici che erano stati organizzati. Tuttavia, la sezione di Torino, con l'occasione, racconta una vicenda di stretta attualità.
Francesco (il nome è di fantasia) è un ragazzo con disabilità plurima che vive e studia a Pinerolo, dove frequenta la seconda media. È non vedente, ha difficoltà di deambulazione e problemi cognitivi. La scuola è iniziata il 14 settembre e il 1 ottobre lui non aveva ancora un insegnante di sostegno.
Poi, finalmente, un docente è arrivato. Ma è nuovo, non conosce il ragazzo. Dovrà imparare, da zero, a interagire con lui, a intercettare le sue esigenze. Compito delicato, specialmente in mancanza di una formazione specifica. «Succede sempre così» racconta la mamma. «Non essendoci un insegnante di ruolo, ogni anno bisogna ricominciare tutto da capo. Ed è un trauma per nostro figlio, che invece avrebbe bisogno di continuità, di punti di riferimento solidi». Una storia, quella di Francesco, che somiglia a tante altre. Scorrendo i messaggi che i genitori di ragazzi disabili si scambiano via WhatsApp, si scoprono problemi di ogni genere.
C’è la famiglia che si è sentita dire “manca il sostegno: è meglio se vostro figlio resta a casa”; c’è la ragazzina non vedente che per le prime settimane di scuola, in mancanza di un docente che potesse seguirla, ha dovuto chiedere aiuto alle compagne per entrare e uscire dalla classe; c’è chi ancora oggi è in attesa della nomina. «Ci viene chiesto di iscrivere i nostri figli a gennaio – osservano i genitori – ma quando, in autunno, inizia l’attività, la scuola si dimostra del tutto impreparata. Questo non è più accettabile». Il quadro generale è sconfortante. E l’emergenza Covid rischia di essere il colpo di grazia per un sistema già fragile e pieno di falle, in Piemonte come in tante altre regioni d’Italia.
C’è un problema strutturale, come rimarcano l’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Torino e l’Istituto dei Sordi di Torino. «Tra i nodi da affrontare con urgenza – sottolineano, all’unisono, il prof. Oscar Franco, responsabile del settore scuola UICI Torino e il dott. Enrico Dolza, direttore dell’Istituto dei Sordi – spiccano il cronico ritardo nella nomina degli insegnanti di sostegno, l’assoluta mancanza di progettualità e continuità, la presenza di troppi docenti senza titolo di specializzazione».
Da tempo le famiglie chiedono un’alternativa alla lotteria delle nomine che cambiano ogni anno e dei docenti perennemente precari. La legge ci sarebbe. Il Decreto Legislativo sull’Inclusione Scolastica (n. 66/2017) prevede che, su richiesta delle famiglie, debba essere garantita la continuità dei docenti di sostegno. Peccato che la norma sia di fatto inapplicabile, perché mancano i decreti attuativi chiarificatori. Quello della formazione è un altro nervo scoperto. «Molti insegnanti di sostegno – lamentano ancora i genitori – non conoscono strumenti fondamentali per l’inclusione dei disabili sensoriali, come il braille (l’alfabeto a sei punti in rilievo che consente alle persone cieche di leggere e scrivere), i programmi di ingrandimento per gli ipovedenti (cioè per le persone che hanno gravi deficit visivi), la LIS (Lingua Italiana dei Segni) usata dalle persone sorde. Ogni disabilità ha caratteristiche proprie e richiede strategie specifiche, che andrebbero conosciute. Troppo spesso, invece, ci si affida all’improvvisazione». E, d’altra parte, anche per i docenti, non è facile formarsi. Quest’anno, in Piemonte, il corso di specializzazione per insegnanti di sostegno prevede appena 200 posti per tutti gli ordini scolastici, a fronte di un fabbisogno di circa 7.000 docenti.
Sui banchi di scuola, fortunatamente non si incontrano solo problemi, ma anche storie positive, di inclusione realizzata. L’impegno del singolo insegnante e la capacità del corpo docente di fare squadra sono determinanti. «Ciò che però manca completamente a livello politico – denunciano i referenti di Unione Ciechi e Istituto dei Sordi – è una capacità progettuale in grado di dare risposte, specialmente a lungo termine. Ci batteremo in tutte le sedi opportune per garantire ai nostri ragazzi un’istruzione adeguata. Ogni giorno devono già affrontare tante sfide. Non è giusto che siano loro a pagare le conseguenze di un sistema disfunzionale».
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