Superando del 07/10/2021
Un’importante Sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano ha respinto il ricorso di una scuola privata del capoluogo lombardo, confermando l’Ordinanza di Primo Grado del Tribunale che aveva accertato la condotta discriminatoria tenuta dalla scuola stessa, consistente nell’avere rifiutato a un bimbo con disabilità l’iscrizione alla prima elementare, dichiarando di non essere disposta ad accettare l’iscrizione di più di un alunno con disabilità per classe
«Questa è una pronuncia importante, perché ha nuovamente sancito l’illegittimità della prassi di alcune scuole private di imporre limiti numerici solo alle iscrizioni degli alunni con disabilità»: a dirlo è l’avvocato Gaetano De Luca, che insieme ai colleghi Livio Neri e Alberto Guariso ha assistito i genitori di un bimbo con disabilità, nella lunga vicenda legale che ha portato alla Sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha respinto il ricorso di una scuola privata (Cooperativa Sociale La Zolla), confermando l’Ordinanza di Primo Grado del Tribunale che aveva accertato la condotta discriminatoria tenuta dalla scuola stessa, consistente nell’avere rifiutato a quel bimbo con disabilità l’iscrizione alla prima elementare.
«Nel caso di specie – spiega De Luca – la scuola privata coinvolta nel contenzioso aveva dichiarato di non essere disposta ad accettare l’iscrizione di più di un alunno con disabilità per classe. Con la presente Sentenza, dunque, si è ribadito che il divieto di discriminazione introdotto dalla Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.] non consente di trattare gli alunni con disabilità in modo meno favorevole degli altri, laddove il trattamento sfavorevole sia direttamente o indirettamente connesso alla loro condizioni di disabilità, come avvenuto in questo caso sottoposto al vaglio dei Magistrati».
«Un altro aspetto importante di questo provvedimento – aggiunge il legale – è quello di avere applicato una vera e propria inversione dell’onere della prova, a beneficio della presunta vittima di discriminazione, addossando sull’autore della presunta condotta illecita il compito di dimostrare l’insussistenza della discriminazione stessa. L’appello della scuola, infatti, è stato respinto in quanto essa non è riuscita a fornire una prova contraria rispetto agli elementi di fatto forniti dai genitori». (S.B.)
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